The Jaartisan – in bottega con Luca De Fumo – artigiano calzolaio

The Jaartisan – in bottega con Luca Alessandrini detto Luca De Fumo – artigiano calzolaio

The Jaartisan – in bottega con Luca Alessandrini detto Luca De Fumo – artigiano calzolaio
26 Marzo 2021 The Jaar

Luca Alessandrini è conosciuto da tutti come Luca De Fumo, un soprannome attribuito ai componenti di tutta la sua famiglia e che da oltre 60 anni è sinonimo di un antico mestiere artigiano, quello del calzolaio. Luca ha appreso inizialmente la tecnica da suo padre Renzo De Fumo e col tempo l’ha personalizzata arrivando a concepire una tipologia di scarpa su misura di altissima qualità.

Abbiamo incontrato Luca per la prima volta a Fashion in Flair, un prestigioso evento a cui siamo molto legati, che si svolge ogni anno nella splendida cornice di Villa Bottini a Lucca.
L’evento è una mostra mercato dove espongono brand che rappresentano l’eccellenza dell’artigianato Made in Italy in ambito fashion, e proprio in quel contesto abbiamo potuto ammirare le scarpe De Fumo e innamorarcene a prima vista!

È con grande piacere quindi che vi raccontiamo la storia di Luca e dei suoi prodotti pieni di fascino.

Com’è nata la passione per il tuo lavoro?
Da ragazzo non ero motivato a studiare, non ho terminato le scuole e sono andato a lavorare molto presto. Io sono di Fermo (nelle Marche), in questa zona il settore manifatturiero maggiormente sviluppato è quello calzaturiero quindi ho lavorato come operaio in diverse aziende di calzature. Premetto che mio padre è un calzolaio artigiano, da piccolo giocavo tra le scatole e gli attrezzi del suo laboratorio, ma in quel periodo non mi sono appassionato al suo lavoro, forse perché con lui non avevo un buon rapporto. Anni dopo però, lavorando nell’industria, ho cominciato ad apprezzare il suo mestiere e la sera, dopo essere uscito da lavoro, mi dedicavo ad imparare la sua tecnica artigianale. Quello è stato l’inizio del mio percorso.

Qual è la materia su cui lavori?
I materiali su cui lavoro sono cuoio e pellame di origine animale, soprattutto di vitello e capra, che prendo da prestigiose concerie toscane e del nord Italia, ma anche da Francia e Inghilterra. Sono sempre alla ricerca di materie prime di eccellenza, una parte del mio lavoro consiste proprio nella selezione di nuovi pellami per ottenere una scarpa finale sempre migliore.

Da chi e come hai imparato la tua tecnica artigianale?
La tecnica artigianale l’ho imparata da mio padre mentre la manualità l’ho imparata certamente in fabbrica. Lavorando in un contesto industriale dovevo ripetere per tutto il giorno sempre gli stessi gesti, questo mi ha aiutato a raggiungere una finezza di esecuzione che difficilmente si raggiunge quando ci si occupa in prima persona di tutte le fasi di realizzazione di una scarpa artigianale. Devo ammettere poi che anche i social mi hanno aiutato ad apprendere e migliorare la mia tecnica perché mi hanno permesso di vedere come lavorano altri artigiani del mio settore in tutto il  mondo.

Quali sono le particolarità dei tuoi prodotti e della tua tecnica artigianale?
I miei prodotti sono un continuo divenire, man mano che li creo sono sempre diversi, come è sempre diversa la mia tecnica artigianale che si arricchisce giorno per giorno di nuova manualità. Questo processo mi permette di personalizzare sempre di più le mie scarpe e di realizzarle con un procedimento artigianale davvero unico.

Quando e com’è nato il tuo brand?
Il mio brand è nato grazie alla mia ragazza, Jenny. Avevamo sempre avuto il desiderio di lavorare insieme, magari aprendo un’attività che ci consentisse di condividere le nostre passioni e i nostri talenti. Lei è fotografa, io sono calzolaio artigianale e quindi abbiamo pensato di unire le nostre attività e di creare un brand da zero: io mi occupo della parte di progettazione e creazione delle scarpe, lei invece si occupa di fotografare tutti i processi creativi e i prodotti, cura i rapporti con i clienti, gestisce il sito internet e i canali social.

Da dove deriva la scelta del nome del tuo brand?
Il nome del mio brand è il soprannome di famiglia: io di cognome mi chiamo Alessandrini ma mio nonno lo chiamavano Beppe De Fumo, mio padre lo chiamano Renzo De Fumo e io in paese sono conosciuto come Luca De Fumo. La stessa cosa vale anche per il fratello di mio padre, i miei cugini e tutti gli altri parenti. Il motivo? Sinceramente non lo so! Tutte le volte che chiedo spiegazioni a mio padre, lui molto burberamente mi risponde: ”Ma che ne so io? Perché mi fai perdere tempo con questa roba?”

Quando poi mi sono trovato a dover scegliere il nome del mio brand ho pensato di usare “De Fumo” perché ormai mi conoscono tutti con quel nome.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
La cosa che mi piace di più del mio lavoro è che ogni cinque minuti imparo una cosa nuova. La realizzazione di una scarpa artigianale richiede talmente tanti passaggi ed è talmente alto il margine di miglioramento che ad ogni gesto che faccio mi sembra di imparare qualcosa di nuovo. Ad ogni esecuzione riesco a percepire il miglioramento di un dettaglio, di un particolare, di un elemento strutturale, e questo mi rende davvero felice!

Quali sono (o sono state) le criticità e le difficoltà del tuo percorso?
La difficoltà maggiore che ho incontrato all’inizio del mio percorso è stata sicuramente farmi conoscere perché l’ambiente della calzatura classica da uomo è abbastanza elitario, soprattutto per la tipologia di clientela che richiama perché è davvero esigente. Per questo è molto difficile entrare nel settore, anche a causa di una concorrenza agguerritissima e non alla pari dato che capita di competere con marchi che producono scarpe classiche da uomo pubblicizzate come “scarpe fatte a mano” quando in realtà di manuale hanno davvero molto poco. Per questo poi diventa anche difficile spiegare ad un cliente la differenza di prezzo tra le mie scarpe, che sono quasi completamente fatte a mano, e quelle industriali, anche se di ottima fattura.

Qual è la parola che rappresenta meglio la tua attività?
La parola che descrive meglio la mia attività è TEMPO. Tempo per imparare, tempo per iniziare la scarpa e finirla, tempo per ragionare e tempo da reinvestire quando qualcosa va storto e devo ricominciare il lavoro da capo.

Cos’è per te la creatività?
La creatività forse è una cosa che io non credo neanche di avere. Se penso alla creatività mi viene in mente il mio amico che con sole tre note suonate con la chitarra riesce a far ballare un sacco di amici. Io invece ho sempre avuto un approccio più sofferto e faticoso, secondo me la creatività la trovi quando arrivi ad una maturazione in quello che fai. Nel mio caso, ad esempio, può manifestarsi quando vado a dormire pensando ad una suola tagliata in una forma specifica e mi sveglio che ce l’ho ancora in testa. Un po’ come se fosse una specie di ossessione, la scintilla poi scatta mentre sono dentro al processo creativo e si innesca qualcosa proprio mentre sto realizzando la scarpa.

Come definisci gli artigiani contemporanei?
Posso sicuramente dire che gli artigiani sono simpatici! Personalmente non so neanche se posso definirmi artigiano, io sono uno “scarparo” (come si dice dalle mie parti). Alla fine io ho fatto una scelta abbastanza comoda perché ho ripreso il lavoro che faceva mio padre. Conosco invece due ragazzi romagnoli che hanno avuto l’idea originale di fare stampe con la ruggine. Ecco, l’idea che ho io dell’artigiano è di una persona intraprendente che ha il coraggio di fare una scelta originale e azzardata, come se facesse una scommessa con se stesso, e di creare una nuova dimensione di artigianalità.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Il mio obiettivo è concentrarmi totalmente sul lavoro e arrivare a creare una scarpa 100% artigianale. Al momento definisco i miei prodotti come “scarpe fatte su misura” e non “scarpe fatte a mano”.  Quando si lavora su qualcosa di morbido come la pelle, il polso ha una sensibilità tale che il macchinario al momento non riesce a raggiungere e per realizzare le mie scarpe sono necessari dei movimenti molto delicati che richiedono precisione, manualità e tantissima dedizione. Penso che la mia artigianalità possa essere rappresentata da questa frase: “Il più angusto cardine della mia mano umilia tutte le macchine”. 

Quali consigli vuoi dare a chi desidera seguire la tua traccia?
Se una cosa la desideri veramente e ti ci dedichi con il massimo impegno è molto difficile che non riuscirai a raggiungerla, magari ci possono volere dieci anni oppure anche di più, ma ce la farai sicuramente. Quello che mi sento di consigliare è di far diventare questo lavoro un’ossessione perché è talmente alto il margine di miglioramento che ti ci devi dedicare totalmente per raggiungere la perfezione. Io sono ancora molto lontano dai miei obiettivi quindi penso che chi comincia da zero debba credere fermamente in quello che fa, non deve aver paura di sbagliare, non farsi abbattere dalle difficoltà e buttarsi. 

Cosa ti piace di The Jaar?
Quando indosso i bracciali The Jaar mi sento come quando da piccolo mi mettevo la mia maglietta preferita e pensavo: ”Con questa spacco tutto!”.